E del perché li amo tanto. Sono stati l’inizio di qualcosa di importante. Ho fatto la fioraia per mantenermi all’università, dato che vivevo già da sola. Ma non ho fatto la fioraia in un bel quartiere milanese, no, la fortuna ha voluto che la postazione trovata fosse davanti a un ingresso laterale del cimitero di Musocco. Ora, capisco che ingresso laterale, per giunta di un cimitero, possa suonare come una sfiga nella sfiga, invece no. Proprio lì avevano aperto campi nuovi, il che voleva dire defunti recenti e quindi, oltre a buoni affari per il mio datore di lavoro che mi dava le laute mance integrative a un povero salario, voleva anche dire che, mentre io lavoravo alla composizione floreale di corbeille per il defunto, i tanti visitatori mi raccontavano del loro caro perduto (ci vuole un pochino di tempo per fare una corbeille decente). Sono davvero molti i modi di morire, alcuni anche piuttosto strani, non ne ho preso nota all’epoca perché ero tutta orecchi e le mani erano impegnate, ma ciò che mi è rimasto è stato – per tre giorni la settimana e per tre anni – un esercizio all’ascolto che a ventun anni capita forse raramente di provare.
E’ lì che ho imparato ad ascoltare.
Lì mi sono fatta l’orecchio.
In mezzo ai fiori.
E alla morte.

lp