A settembre 2018 ho incontrato un numero impressionante di adolescenti nel teatro del Liceo Salvemini di Bari. Erano tutti orecchi e occhi, alcuni protesi persino in avanti, ad ascoltare. A conclusione del mio, loro hanno fatto moltissimi interventi, con domande di carattere personale, che mi hanno provocato, più di una volta, un nodo in gola. In seguito, 25 di loro -di più non si poteva- hanno avuto la possibilità di iscriversi a un incontro ristretto, coordinato da due colleghi, in cui io stavo nella posizione d’ascolto. Dall’urgenza seria e ponderata del loro raccontare – con una proprietà e fluenza di linguaggio che non necessitava di alcun “cioè”- ho capito due cose: che sono pieni di risorse, di intelligenza, sensibilità e vita. E che, purtroppo, il #plusmaterno è per loro una quotidianità, così ovvia e data per inevitabile, da farmi sentire l’emozione del loro ragionamento che la vedeva, probabilmente, per la prima volta, e che soprattutto la poteva discutere. In cuor mio, speravo che questo mare di adolescenti mi dimostrasse che avevo peccato di un eccesso di preoccupazione per il loro futuro in una società #plusmaterna.
Invece ho capito che é solo l’inizio di una lunga e faticosa liberazione.
lp