
C’è una moda che si sta diffondendo ed è quella di trasformare i bambini in cartoni animati.
Così li reifichiamo. Non trasformiamo i nostri bambini in pupazzetti, lasciamo che i personaggi delle illustrazioni, proprio grazie alla loro diversità da loro, possano raccontargli qualcosa. L’identificazione non è mai cosificazione, appiattimento. Ci deve essere una certa distanza tra il soggetto e l’oggetto di identificazione, altrimenti è spoliazione di sé.
I cartoni rappresentano alcune parti dei bambini e anche altri aspetti non ancora sviluppati. È a questo che servono. A uscire da sé e dal loro piccolo mondo. Il bambino che si vede oggettificato in una storia che non ha scelto è incastrato lì dentro e non ha più possibilità di proiezione fantasmatica.
Inoltre, in questi fumetti familiari, l’anima inquietante che fa di una storia, una storia per bambini, é occultata. Come diceva Maurice Sendak “i bambini lo sanno che molto probabilmente matrigna vuol dire madre e che la parola matrigna è lì per evitare di far spaventare i grandi.” Anche questi fumetti son lì per rassicurare i genitori, ma senza divertire i bambini.