Avvertenza: post lungo e ad alto contenuto di antipatia (ma alla fine ci sono due bei raccontini)
Festa del papà con tre dediche: 1. ai padri separati(ndi);
2 .ai padri invadenti; 3. ai padri di cui si ha nostalgia
1. Dedicato ai papà separati o separandi:
Un affido davvero condiviso non può che comportare la doppia domiciliazione: moltiplicare le case, aggiungendo anche quella del padre, è una ricchezza per il bambino. La dislocazione riguarda l’umano: i luoghi di lavoro e di incontro, le abitazioni, gli amici, i luoghi pubblici. E allora, perché il bambino non può avere due case? Ritenere che il figlio di genitori separati debba aver- ne una sola non implica forse un’idea di casa come prolungamento dell’utero materno, ambiente tossico e passivizzante, invece di aprirsi al pensiero di case diverse come luoghi in cui fare esperienze differenziate? Le relazioni familiari possono essere misurate perimetralmente? Sono davvero le mura domestiche a definire i fili dei legami?
La nostra epoca ci mette di fronte a un paradosso: ci interroghiamo se una coppia di uomini possa crescere bambini, e nel contempo pensiamo ancora che un padre non possa allevare i propri figli. A meno che qualcuno non se la senta di sostenere che i maschi omosessuali – come categoria – sappiano accudire la prole meglio dei padri etero.
Nel tempo del distanziamento sociale, alcuni padri separati si sono visti negare il diritto di portare i figli nella loro casa, nonostante la norma prevedesse esplicitamente tale diritto, tra i motivi di autocertificazione. La chiusura dei tribunali per le cause meno urgenti ha impedito di rispondere in modo adeguato alle situazioni in cui i figli non hanno potuto frequentare i padri per mesi. È proprio in un tempo di inquietudine generale che l’usuale alternanza aiuta la stabilità nei figli, piuttosto che una sua illegittima sospensione, la quale rischia di insinuare l’idea discutibile che in emergenza la sola madre sia sufficiente. Quali incompetenze alla relazione dovranno affrontare i bambini che hanno subito questa doppia clausura? Quale polis saranno in grado di fondare questi soggetti? A quali strategie di recupero delle fasi saltate sapranno ricorrere?
2. Dedicato ai padri – e ai nonni – invadenti, quelli che si credono Dio:
Nell’ambito dei racconti sacri – che ci interessano in quanto narrazioni popolari – ogni donna a struttura edipica deve tener conto anche della possibile tendenza a vedere nel proprio figlio il figlio del proprio padre. Il padre del bambino può essere tagliato fuori e imparentato a quella figura di contorno che san Giuseppe interpreta, mentre il vero padre inconscio del figlio può diventare, incestuosamente, l’idealizzato padre della madre, il nonno. La Vergine Maria, a cui molte madri si ispirano, ha avuto un figlio (Gesú) che le viene dal proprio padre (Dio). Questa è una configurazione psichica che si può ritrovare quando in una separazione, secondo una casistica legale oggi in aumento, il nonno fa fronte unico con la figlia contro il marito, rendendo attivo il legame immaginario Dio Padre-Madonna-Gesú.
Alcune donne, al momento del parto, scelgono di non denunciare il cognome del padre, anche quando il partner riconoscerebbe volentieri un neonato che, portando il cognome della madre, di fatto porta il cognome del nonno.
Lo sfilacciamento della funzione paterna può dare spazio al padre totemico, al padre dell’orda, quello violento, pericoloso, che impone la legge con la fisicità del gesto estremo. Il godimento del padre barbaro, del padre-Natura somiglia strutturalmente a quello senza legge della madre-Natura, della plusmadre che non sente il bisogno di riferirsi a un accordo collettivo.
Una società senza padri a funzione paterna porta alla dittatura o al fanatismo religioso, il che, strutturalmente, è lo stesso.
3. Dedicato ai padri di cui si ha nostalgia:
Fui colpita da una giovane che al discorso funebre per la morte del padre, fine intellettuale ed editore, raccontò di essersi lungamente seduta alla sua scrivania tra le penne e le carte per ritrovarlo nell’odore depositato nel suo studio.
La voce è un’altra traccia significativa del corpo di un padre: una donna in lutto per la perdita del proprio, mi confidò di avere trovato grande sollievo nell’ascoltare le registrazioni della sua voce. La voce è la musica prodotta da un corpo, è la storia di ognuno che si fa prosodia.
La voce del mio di papà era bellissima, limpida e profonda come la sua logica di pensiero. Il carattere, invero, era un po’ troppo sonante, ma l’affetto si vedeva , eccome, dietro la ruvidezza. Ciao papà!
A parte la chiusura personale, i passi sono tratti da: Mio figlio mi adora e Troppa famiglia fa male.