Finché di tutto faremo bandiera ideologica non ne verremo a capo. Di niente.
Ora, pensare a Medea come icona femminista è semplicistico, fuorviante, intellettualmente debole, depauperante della forza di Eschilo, del mito e soprattutto della complessità della psiche femminile.
Medea non è “costretta” ad ammazzare i figli come unica via d’uscita possibile contro il potere e il patriarcato del maschio. Eppure questa lettura fuorviante la si ascolta, seppur non (ancora) totalmente sbandierata, almeno nel mio mondo, tuttavia sottostante e strisciante ad alcuni ragionamenti. Una lettura, oserei dire minuscola, che non fa onore al femminismo critico (ma se non è critico, che femminismo è?).
La povertà di cultura psicoanalitica sull’essere umano, tipica di questi tempi, fa prendere scivoloni davvero impressionanti.
Si preferisce un pensiero semplice, buoni/cattivi, e dell’ambivalenza di cui è fatto l’amore, la psiche, il materno non se ne vuole proprio sapere.
“In particolare nei tribunali, l’ideologia ha avvelenato il pensiero per sostenere posizioni ingiustificate” mi ha scritto una collega sull’ argomento ed è proprio a quest’ambito che pensavo e ai danni che si  possono fare senza una cultura adeguata sull’essere umano. Per quanto la multidisciplinarità sia invocata, di base manca un pensiero articolato sulle relazioni familiari, sostituito da molte certezze preconcette e ideologiche. Il diritto di famiglia dovrebbe essere quello su cui maggiormente investire, quello che ha bisogno della più grande e accurata formazione. E invece è la cenerentola dei tribunali