Alla psicoanalisi è toccato il destino di smontare i misticismi e gli idealismi: non sarebbe meglio salvare le vite umane anche sacrificando i grandi principi? Anche perché gli eroi a volte portano più crisantemi che diademi. E questa sembra una di quelle volte.
La guerra finirà quando finirà il bisogno degli uomini di avere dei narcisi. Ovunque si trovino in alto, in basso, a destra, a sinistra, al di qua o al di là di un confine.
Mi domando come si faccia a governare gli uomini senza conoscerli. I potenti che stanno decidendo le sorti dell’umanità, hanno qualche idea di come sia fatto l’uomo, di come funzioni psicologicamente? Credo di no.
Sarà anche per questo che i negoziati si stanno arenando o addirittura non partono. Non è possibile negoziare senza capire l’altro, senza poter ipotizzare con un certo grado di approssimazione ciò che gli passa per la testa e ciò a cui potrebbe essere sensibile, che non è mai solo un pezzetto di terra.
Dice Paul Valéry: “Le meditazioni sulla morte -alla Pascal- sono proprie di uomini che non devono lottare per la vita, guadagnarsi il pane, crescere i bambini. L’eternità preoccupa quelli che hanno tempo da perdere. E’ una forma del tempo libero.”
Caro Valéry, hai ragione. Ed è proprio per pensare – sì anche alla morte – che dovremmo avere tutti più tempo libero. Avere il tempo di pensare all’eternità o alla caducità dovrebbe essere un obiettivo della democrazia. L’occuparsi di una filosofia della morte – o di diverse filosofie della morte – produrrebbe meno bare inutili: quelle della guerra
Credo sia da considerare anche quella che potremmo chiamare una certa psicologia dei popoli. Qui esco un po’ dal mio ambito che riguarda i singoli soggetti, però mi pare giusto proporre una considerazione, forse più letteraria e culturale che strategica. C’è un tratto dell’animo russo, raccontato in Dostoevskij, Turgenev, Tolstoj ed altri che è incline all’estremo e alla distruttività, piuttosto che alla mediazione e che, come dice Virginia Woolf, é “tumultuoso, incapace di sottomettersi al controllo della logica o alla disciplina della poesia”. Credo che, oltre che per motivi tattici, convocare la Cina come terzo al tavolo, sarebbe un bene (il terzo è spesso benefico, in ogni situazione ) anche perché i cinesi sono confucianamente pragmatici, non inclini a bizzarre ventate di testa. Come sostengo da tempo, i saperi della psicoanalisi possono giovare anche alle decisioni politiche. Inoltre, forse solo i cinesi potrebbero essere in grado di offrire una via d’uscita “onorevole”, o per lo meno non totalmente discreditante, a un dittatore pronto a scompensarsi, evitando così un suo passaggio all’atto che coinvolgerebbe il mondo.