Un sorellicidio tra i boschi dell’Etna. Lucrezia, 37 anni, è stata accoltellata alla gola, probabilmente in modo premeditato, dal fratello di 22 che viveva ritirato in casa da mesi. Naturalmente il movente è oscuro, hanno parlato di denaro prestato dalla sorella che il ragazzo non riusciva o non voleva restituire oppure di denaro che i genitori elargivano maggiormente alla figlia. Come se il movente-denaro potesse essere una “spiegazione” tangibile e ultima per un delitto. Stessa spiegazione ci è stata servita per il matricidio reale operato dalle due sorelle simbiotiche di Temù, che condividevano il fidanzato.
Il ricorso al movente-denaro, che chiude ogni indagine psichica ulteriore, mostra il grave livello di ignoranza collettiva sull’uomo e le sue pulsioni, nonché lo stadio etico di una società che reputa plausibile quel movente. Così si rischia di pensare che il denaro sia un “in sé” e non anche uno dei più comuni luoghi di proiezione inconscia dei fantasmi di ciascuno.
I delitti che avvengono in famiglia hanno moventi famigliari e, a questo proposito, tornando alla povera Lucrezia di Catania, appena appresa la notizia del suo assassinio, mi sono chiesta : cosa ci faceva ancora in casa, a condividere dinamiche asfittiche, a 37 anni?
Aveva un fidanzato che hanno definito “storico” – aggettivo che non suggerisce una condizione di soprassalto del desiderio – con cui pensava al matrimonio.
Ci pensava, ma di fatto era ancora a casa.