Oggi ultranovantenne, dopo un periodo di relativa fama a NY, torna a Tokyo ed entra volontariamente in manicomio.
Solo la malattia mentale può aprire certe porte.
“Infinito presente” è il nome della mostra: il lusso di perdersi non è per tutti.
Operatrici la portano al suo studio la mattina, in un vivace quartiere di Tokyo, stanno con lei e la riportano in istituto la sera.
Per raccontare integralmente l’avventura, uscendo dalla stanza dell’installazione, la signora della sicurezza mi avvicina e mi dice: per me quest’opera si dovrebbe intitolare “placenta infinita”…. ora, lo dice proprio a me tra molti, a me che avevo appena finito di fare un episodio del podcast sulla filosofia della mucosa e i suoi pericoli… Ho trovato la cosa incredibile e divertente! E aggiungo: nemmeno dirlo che all’origine di tutto il suo struggimento c’è un grande desiderio di disegnare e dipingere della giovanissima Yayoi stroncato da una madre che la voleva sposa e casalinga
Questo è un ottimo esempio di ciò che non si deve fare ai figli: la privazione. Negar loro l’ oggetto simbolico – cioè la parola, l’ ascolto, il gioco, il nido, la scuola e in questo caso la possibilità di andare ad un Istituto d’ Arte -, ha conseguenze sulla psiche dei bambini come si vede nel caso della nostra artista Yayoi Kusama.
Molto diversa da frustrazione castrazione (Come sa chi ha ascoltato l’episodio su Filippo e Giulia.)
Digressione a parte, la mostra merita, come la piazza vecchia di Bergamo alta.